06 Agosto 2016 / Notizie
Medicina e Persona Udine
Pubblichiamo il resoconto della tavola rotonda tenutasi lo scorso 1 Ottobre a Udine dal titolo: “C’è bisogno di ri-umanizzare la medicina?”, organizzata dall’ Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Udine con il patrocinio della FNOMCeO ad opera del dott. Michele Lorenzon, Presidente Medicina e Persona Udine.
C’è bisogno di ri-umanizzare la medicina?
Nella mattinata di sabato 1 ottobre 2016 a Udine presso la sala convegni del Centro Culturale delle Grazie si è svolta la tavola rotonda dal titolo “C’è bisogno di ri-umanizzare la medicina?”, organizzata dall’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Udine con il patrocinio della FNOMCeO.
La domanda è retorica, evidentemente, ma nel corso della mattinata è stato molto interessante capire sia perché siamo arrivati a porcela così insistentemente in questo momento storico, sia da dove partire per ri-mettere al centro della nostra azione di medici la persona nel suo insieme.
Per tutti è risultato chiaro che viviamo una fase meravigliosa della medicina, in cui come medici abbiamo a disposizione strumenti sempre più potenti per prenderci cura delle persone che si rivolgono a noi. Mai la medicina, nel corso della sua storia, ha avuto così tante frecce al suo arco! Nello stesso tempo, diventa sempre più importante imparare a gestire questa complessità. Si determina quindi un problema: il singolo professionista non riesce a stare al passo con la continua, rapidissima evoluzione del sapere di tutte le discipline della medicina, sapere necessario per garantire percorsi di prevenzione, diagnosi e cura allo stato dell’arte. Di fatto, la specializzazione e ora la super-specializzazione dei professionisti nasce come tentativo di risposta a questo problema. La complessità e la vastità delle conoscenze viene parcellizzata fino al punto in cui per un singolo professionista diventa possibile seguire l’evolversi delle conoscenze in un ambito particolare. E’ chiaro che così, rispetto ad uno specifico quesito clinico, è possibile offrire al paziente una risposta allo stato dell’arte. Si tratta di una dinamica affascinante e raffinata, che consente di offrire risposte di altissimo livello ai pazienti.
Come sempre, però, c’è anche un rovescio della medaglia: il rischio infatti è che il paziente, che è prima di tutto una persona, venga “processato” esclusivamente per quel che riguarda il suo specifico problema, con una dinamica simil-industriale. Il paziente viene “immesso” nel sistema, viene “processato” da alcuni professionisti, ognuno per quanto di sua competenza, e viene infine “emesso” dal sistema, auspicabilmente con la soluzione per cui era entrato. In questa dinamica “industriale” il paziente spesso riscontra in sé un disagio, che è quello di non essere considerato come una persona con un problema di salute (e spesso con molte domande su ciò che questo comporta rispetto al resto della vita!), ma di essere considerato come una macchina con un pezzo difettoso, che va riparato o sostituito. Anche i professionisti non di rado soffrono in questa dinamica. Chi ha deciso di fare il medico spesso è stato mosso dal desiderio di fare qualcosa di utile per chi sta male, e dunque trovarsi a fare l’”operaio”, per quanto molto specializzato, di una “catena di montaggio”, non può corrispondere alle esigenze originarie.
Da dove ripartire, dunque? La prima osservazione è che, innanzitutto, molti pazienti sono contenti di ciò che ricevono, come emerso dall’introduzione dell’Assessore Telesca. Questa considerazione ci fa capire che c’è molto di buono in ciò che quotidianamente viene fatto, ma anche che c’è un margine di miglioramento! E che ci sia del buono lo si capisce anche guardando l’azione di tanti colleghi che, nonostante le difficoltà di tipo più disparato (che tutti possiamo rilevare), continuano a dedicarsi ai propri pazienti con una dedizione commovente. Rispetto a questo, nel corso della mattinata alcuni professionisti hanno messo a disposizione, a titolo di esempio, la propria esperienza, in cui è emerso chiaramente che, anche partendo da percorsi umani diversi, c’è in comune un desiderio che arde nel profondo di ognuno, ed è il desiderio di prendersi cura di chi soffre. Questa passione ci porta contemporaneamente a migliorare continuamente le nostre conoscenze e nello stesso tempo ad interrogarci rispetto al senso del dolore e della sofferenza delle persone di cui ci prendiamo cura. Non c’è umanizzazione della medicina se non c’è umanità nelle persone coinvolte, dunque innanzitutto il paziente e il medico. E se ciò che attiene alla crescita umana delle persone è cosa che riguarda tutta la società, ciò che attiene alla crescita umana dei medici è responsabilità primaria di ognuno di noi!
L’esperienza del dott. Fabrizio Pulvirenti, infettivologo di Enna, medico volontario di Emergency, subito ci introduce al cuore della vicenda. Una dedizione per la professione che da un lato porta a studiare attentamente una malattia temibile come Ebola, e dall’altro porta a mettere a rischio la propria vita pur di cercare di salvare la vita delle persone ammalate di Ebola in Sierra Leone. Il professionista siciliano non si sofferma a lungo sul periodo vissuto come malato di Ebola, ma in tutti i presenti il ricordo di quelle giornate è più che vivo!
Simile nella sostanza, anche se differente nella forma, l’esperienza del dott. Massimiliano Fanni Canelles, nefrologo, Presidente Nazionale di @uxilia Onlus, ugualmente impegnato in favore dei malati con problematiche nefrologiche della nostra Regione e delle persone con problemi di salute in aree segnate da conflitti bellici. Un impegno motivato dal desiderio di lasciare un’impronta (buona!) nel mondo, e di dare così un senso alla propria vita! Grazie anche ad un video in cui vengono documentate le attività che @uxilia porta attualmente avanti in Siria, fra le bombe e gli spari, si capisce che ciò che lo muove è una passione per l’uomo, cioè per se stesso e per i pazienti che incontra, con le domande che la malattia suscita, da sempre, in qualsiasi angolo della terra!
E che l’uomo sia lo stesso sempre e dovunque, a prescindere dal luogo di origine e da quello di residenza, ce lo ricorda anche il dott. Guglielmo Pitzalis, pneumologo, referente per il FVG del Gruppo locale Immigrazione Salute e della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni. Dai teatri esteri i migranti raggiungono il nostro territorio, ma quando li conosciamo e riusciamo a superare la diffidenza iniziale ci accorgiamo che non c’è un noi e un voi, ma solamente un noi, con una domanda in comune: perché?
Questa domanda così importante – perché? – è però una domanda che non si pone in prima battuta, ma emerge in una relazione che può essere più lunga o più breve ma va comunque costruita, cercata, con la capacità di leggere la situazione specifica di ognuno, per ottenere la soluzione migliore possibile, per quello specifico paziente, in quel preciso momento. Così la professione diventa, nell’esperienza del dott. Eliano Bassi, medico di medicina generale prima a Paularo e poi, da molti anni, a Buttrio, il lavoro più bello del mondo!
Da Buttrio a Latisana alla Costa d’Avorio, cambiano i volti dei pazienti ma le domande e le sfide rimangono, per molti aspetti, le stesse! Lo scopriamo grazie al dott. Marco Bertoli, psichiatra, medico volontario dell’associazione Jobel, che si reca periodicamente nei Paesi dell’Africa occidentale per liberare dalle catene (in senso fisico, non metaforico!) i malati con problemi psichici che tante volte vengono legati agli alberi per tutto il resto della vita. Di nuovo, un video ci aiuta a capire cosa può accadere ancora oggi, nel 2016, per delle persone che hanno come unica colpa quella di avere una malattia psichica e di trovarsi in un villaggio dell’Africa occidentale!
Certo per intraprendere certi percorsi ci vuole un po’ di sana follia. Come quella che ha portato il dott. Giuseppe Losasso, chirurgo plastico, con una vita professionale ricca di soddisfazioni, ad iniziare ad andare in Pakistan per cercare di ridare un sorriso alle donne sfregiate dall’acido, con grandi risultati, tanto da diventare anche Presidente Nazionale di Smileagain FVG. Il motore di questa bellissima sfida, documentata con un video commovente? Di nuovo il desiderio di fare qualcosa di buono per i più sfortunati fra gli sfortunati, che diventa alla fine qualcosa di molto gratificante anche per se stessi!
Come per gli altri relatori, anche per la dott.ssa Daniela Gerin, ginecologa presso il consultorio di Trieste, il punto è sempre lo stesso: una passione per le sue pazienti e la consapevolezza che non c’è un posto nel mondo in cui le donne siano significativamente diverse dalle altre.
Conclude quindi il prof. Brusaferro rilevando l’importanza del tema, citato più volte nel corso della mattinata, della relazione fra il medico e il paziente. Questa relazione costituisce il nucleo fondamentale della medicina e da essa origina un’energia straordinaria. Nel tenere presente che su questo rapporto insistono una serie di ulteriori livelli (organizzazione aziendale, fenomeni sociologici), rimane chiaro che il punto fondamentale per una medicina centrata sul paziente è proprio il rapporto fra medico e paziente. Una relazione che va cercata e che non si sviluppa adeguatamente senza il coinvolgimento attivo del professionista, che è chiamato a implicarsi come persona, con tutte le proprie domande ed i propri interrogativi di uomo.
Il lungo dibattito finale è indicativo di quanto il tema sia sentito. Come anche negli interventi programmati, ciò che emerge da più parti è che non ci può essere una medicina umana senza che i professionisti accettino di condividere la propria umanità, in qualunque luogo si sviluppi la loro azione; questo richiede una formazione e un impegno adeguato e continuo nel corso della vita.
A cura di Michele Lorenzon
Presidente Medicina e Persona Udine
Responsabile scientifico evento