Abbiamo letto con interesse l'articolo del 01/11/2015 di Giuseppe Remuzzi dal titolo “Ma i diritti dei pazienti ?” riguardante la questione dei riposi pre e post turni notturni (undici ore) che dal 25 novembre per legge l'Italia è tenuta a rispettare nella piena applicazione del Dlgs 66/2003. Finalmente il silenzio stampa è stata rotto dalla voce di un professionista, che è intervento a partire dalla sua esperienza quotidiana di cura all'interno della realtà ospedaliera. Qui non vogliamo alimentare polemiche sterili, ma ci preme fare alcune considerazioni.
1) Non si può mettere in conflitto i diritti dei pazienti con i diritti dei medici, sarebbe ingiusto e poco utile per tutti. Il paziente è il terminale della cura, va assistito e questo richiede un sacritficio che va alimentato da chi cura e riconosciuto da chi è assistito: se non c'è questa stima non può esistere un rapporto di cura medico-paziente vero, ma solo da parte del medico l'esercizio di una prudente prestazione meccanicistica e da parte del paziente la sottile pretesa di un esito. Si perde di vista il fatto che, nella lotta alla malattia, le risorse decisive non sono nei numeri, ma nella speranza, nella fiducia, nella coscienza del comune destino umano su cui solo si fonda il senso della relazione tra medico e paziente » (CESANA, Il “ministero” della salute, 147-148).
2) L'indicazione delle undici ore di riposo ha una base ove si coniugano evidenze scientifiche sui potenziali danni alla salute dei medici, aspetti di opportunità sociale per gli operatori (che comprendono oltre al riposo fisiologico, tempo per la famiglia e per le relazioni sociali) e di tutela da parte degli ospedali sui contenziosi civili in ordine ad errori medici correlati a sovraccarico lavorativo con privazione di sonno. In un articolo del 2007 pubblicato da Mion G., Ricouard S.1 su l’Annales françaises d'anesthèsie et de rèanimation si evidenzia come in USA fin dal 2003 ed in Francia fin dal 2001 erano state approvate le linee guida che regolavano i riposi (“rest for safety”) con l’indicazione ad una interruzione della durata di 11 ore immediatamente dopo il turno notturno, fatto visto come un progresso nella ricerca della sicurezza. L’articolo indica come molti studi evidenzino una associazione fra sovraccarico lavorativo ed incidenti medici correlati alla stanchezza collegata a privazione di sonno ed alterazione del ritmo circadiano. Tenendo conto delle variabili individuali la stanchezza aumenta i livelli d’ansia, irritabilità, depressione con deterioramento della performance cognitiva. Il concetto di “riposo profilattico” considera il fatto che un soggetto non può lavorare se non dorme almeno 5 ore la notte precedente o 12 ore nelle 48 ore precedenti. La riduzione del maggior carico orario di lavoro può migliorare la vigilanza e ridurre di un terzo gli errori medici gravi. Infine nell’articolo si fa notare come l’invecchiamento sia accompagnato da una progressiva disorganizzazione del sonno; la prevista carenza di personale, sinonimo del probabile progressivo invecchiamento dell’organico medico ed la maggior vulnerabilità per stanchezza è a posteriori la giustificazione della necessità di attivare il “rest of safety”. E' anche vero che in molti Paesi Europei ove è applicato il “rest of safety” molti Medici effettuano turni pesanti, perché le tipologie di contratto non sono di dipendenza ma di tipo libero-professionale o flessibili, quindi non sempre soggette alla normativa Ad esempio in Francia il compenso per i turni notturni è fuori busta paga e quindi il turno notturno è un incentivo soprattutto per i giovani, svincolato da ogni regolamentazione e restrizione normativa.Si ritiene quindi che possano essere trovate soluzioni coniugando sostenibilità economica ed organizzativa con la salute dei medici (turni interdivisionali, turni a gettone, turni assegnati in relazione all'età, ecc.)
3) Ma qui ci preme soprattutto evidenziare il rischio che abbiamo noi Medici di concepirci più come impiegati che come professionisti, più preoccupati di mantenere uno “status” di diritti, che di investire e rischiare sulla professionalità contraddistinta oltre che dalla competenza tecnica, dalla dedizione e dal sacrificio. Da questo punto di vista le osservazioni di Remuzzi sono condivisibili: “non si diventa bravi medici a giorni alterni e per fare bene il nostro lavoro bisogna studiare sempre, ci vuole passione e tanto tempo”. Ciò che caratterizza un professionista, differenziandolo da un impiegato è l'alta professionalità, il perseguimento della qualità, la consapevolezza realistica di dover fare il meglio con risorse limitate senza sottrarsi alla propria responsabilità, la coscienza di collaborare a costruire all'interno degli ospedali luoghi di accoglienza dove i pazienti siano curati ed assistiti al meglio: questo richiede appunto come dice Remuzzi passione, tempo e sacrificio. Forse e qui ci rivolgiamo ai sindacati accettare il contratto unico di lavoro in ambito ospedaliero, a fronte di pur giuste garanzie di diritto, ha voluto comportare l'accettazione di uno status che rischia con il tempo di veder mortificata la professionalità.Non vorremmo negli Ospedali ridurci ad essere “meri applicatori meccanicistici di procedure clinico-terapeutiche”. Scriveva Don Gnocchi2 con un po' di amarezza ad una collaboratrice rispetto all'Opera di Assistenza da lui costruita nel tempo paventando questo rischio: “Ho degli “impiegati” intorno a me; distaccati dal lavoro cui attendono; che non hanno l’angoscia dell’economizzare il tempo, il gusto del sacrificio, che “calcolano” la loro prestazione, che fanno sentire quanto danno in più del dovuto, che non si interessano, per goderne o soffrirne, delle sorti buone o tristi dell’istituzione, che non hanno progetti, disegni, critiche da fare ma si accontentano di eseguire; che insomma non lavorano con me e come me, ma accanto a me. Quando nacque la nostra Opera era una cosa ben diversa, tu ricordi. Era una cosa di tutti e di ciascuno… Ed abbiamo fatto, per questo spirito, un lavoro veramente prodigioso per mole e per rapidità… È una cosa che solo si spiega con la divina Provvidenza, per quanto riguarda la parte di Dio e con la nostra passione, per quanto riguarda la parte degli uomini.”
a cura di Raffaele Latocca
1. Mion G., Ricouard S. “Rest of safety: which stakes?” Ann Fr Anesth Reanim 2007 Jul-Aug;26(7-8):638-48. Epub 2007 May 3 – http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17481845;
2. dall’epistolario «DIO E’ TUTTO QUI». LETTERE DI UNA VITA - 6 giugno 1951 Don Carlo Gnocchi http://www.dongnocchi.it/don-carlo-gnocchi/frammenti-antologici/carit%C3%A0-1.168
ARTICOLI / DOCUMENTI DI RIFERIMENTO
1) Giuseppe Remuzzi – Ma i diritti dei pazienti ? (Corriere della Sera – Quotidiano sanità 01/11/2015)
2) Orario di lavoro medici. Palermo (ANAAO) risponde a Remuzzi “Un medico riposato assiste meglio i pazienti e riduce rischio errori” - quotidianosanità.it 02/11/2015
(versione in PDF per la stampa)